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CINEMA

Mario Carotenuto, 100 anni del 'caratterista' totale che diventò un cult

In occasione del centenario dalla nascita la figlia Claretta ha dedicato all'attore morto nel 1995 un documentario in cui si ripercorre la sua lunga carriera, tra radio e cinema, varietà e tv, ed eccellenti compagni di set, da Totò a Sordi

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Nel documentario che Claretta Carotenuto ha dedicato al padre nel centenario della nascita, La maschera e il sorriso: l'avventura artistica di Mario Carotenuto, una voice-over nega che il termine “caratterista” sia appropriato per definire una carriera lunga sessant'anni e spaziante dalla radio al cinema, dal teatro di varietà a quello colto, dalla televisione alla pubblicità. Tecnicamente vero: però non c’è nulla di male in una parola che ha designato spesso grandi interpreti del cinema, determinanti per il successo di un film quanto i colleghi col nome scritto a caratteri più grandi nella locandina. E Mario Carotenuto fu uno dei migliori. Non è un caso se lo ricordiamo specialmente per una lunga serie di personaggi portati sullo schermo in circa 160 film, eccellente “spalla” (nel senso migliore del termine) di Alberto Sordi, Totò o Vittorio De Sica, dei quali esaltava le qualità con la sua presenza spontanea e di assoluto professionismo. Il documentario (in prima proiezione pubblica alla Casa del Cinema di Roma il 7 dicembre alle 20, presenti Giovanna Ralli, Pier Francesco Pingitore, Gisella Sofio, Enrico Vanzina, Alvaro Vitali e altri che hanno offerto la propria testimonianza al film) compie lo sforzo non indifferente di sintetizzare una carriera così lunga e prolifica. Carotenuto, nato nel 1916, debutta al cinema nel 1949 con Marakatumba… ma non è una rumba, accanto a Renato Rascel e Paolo Stoppa. Da allora al 1995 (anno della sua scomparsa e del suo ultimo film, Romanzo di un giovane povero di Ettore Scola) attraverserà tutte le stagioni del cinema italiano: dal cosiddetto neorealismo rosa degli anni '50 (Pane, amore e…, Poveri ma belli), ai musicarelli (Urlatori alla sbarra, I ragazzi del juke-box), dal film d’autore (La spiaggia di Alberto Lattuada; Lo scopone scientifico di Luigi Comencini, dove è un indimenticabile Armando Castellini detto “il professore”) alla commedia sexy in versione autarchica (La liceale, La professoressa di scienze naturali, La dottoressa del distretto militare) alla farsa (Pierino medico della Saub). Con gli ultimi film, ai tempi disdegnati dalla critica, Carotenuto diventerà a posteriori volto di punta di un particolare genere di cult (uno degli apici è Febbre da cavallo di Steno, dove interpreta l’avvocato De Marchis): piuttosto trash, questo è sicuro, ma cui l'attore regala un quarto di nobiltà con la sua presenza inconfondibile e divenuta ormai cara a ogni tipo di pubblico.

Mario Carotenuto, il doc della figlia Claretta

Popolarità alla quale aveva contribuito in modo quasi virale il tormentone di un Carosello anni ’60, quello che terminava con la frase: “Ma lo sa che lei è proprio nato con la camicia?”. Oggi il termine “icona” è inflazionato e non lo si nega a nessuno. Lui, però, se lo merita più di tanti altri perché la sua faccia con gli occhialoni dalla montatura spessa, la sua corpulenza, la sua gestualità transitano inalterate di film in film, ma risultando sempre appropriate e in tono col resto. Carotenuto è il romano de Roma (magari antico, come nel Satyricon di Gian Luigi Polidoro); il romano borghese (al contrario di suo fratello Memmo, che ne incarnava piuttosto la versione proletaria), maneggione, piacione, acchiappasottane, sempre inappuntabilmente vestito in giacca e cravatta: perfetto per il campionario cinematografico dell’Italia del boom economico accanto a divi come Sordi o Gassman. Tutto questo, però, a patto di non dimenticare che l’attore possedeva anche un eccellente registro drammatico, che sulle scene gli permise di rappresentare Shakespeare (memorabile la sua interpretazione di Shylock nel Mercante di Venezia, ma lo si ricorda anche in Riccardo III e in Falstaff), Pirandello, Molière, Goldoni, Pinter, Bertolt Brecht (nel 1956 fu Peachum, il re dei mendicanti, in una celebre Opera da tre soldi diretta Giorgio Strehler, guadagnandosi le congratulazioni del grande drammaturgo).

A teatro, del resto, Carotenuto non si negò nulla. Figlio d'arte (suo padre era stato un attore del cinema muto) aveva debuttato sulle tavole del palcoscenico alla tenera età di otto anni; col tempo era diventato un protagonista del teatro di rivista e, nel 1953, aveva fondato una sua compagnia. Anche molti anni dopo sarà attore di punta nel repertorio "brillante" (da Feydeau e Nel Simon) e lo si ritroverà puntuale nelle commedie musicali di Garinei e Giovannini al Teatro Sistina. Presenza dirompente in scena e sullo schermo, nella vita privata Big Mario era invece – come racconta la figlia Claretta – un uomo riservato e schivo, che non amava parlare di sé. Parlava invece, e con entusiasmo, del proprio lavoro: lo testimonia il documentario attraverso rari materiali di repertorio, interviste e partecipazioni a programmi televisivi. Grazie a quelle vecchie immagini si possono rivedere angoli di Roma particolarmente cari all’attore; mentre la colonna musicale, selezionata dalla figlia, è anche una compilation delle canzoni e dei brani che preferiva e che amava cantare o fischiettare.