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Dargen D'Amico, 'Variazioni' tra hip hop e classica: "Per me la musica è transgender"

Con il suo nuovo album il rapper affronta una sfida inedita: "Ho fatto un disco come si faceva una volta: e spero che il pubblico dal vivo mi contesti"

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Variare, svariare. Per molti è quello il bello della musica, abbandonare i sicuri sentieri di quelle cinque righe su cui si accomodano note, crome, semicrome, biscrome, diesis e bemolle per andare sopra, sotto e soprattutto a lato. Ed ecco, ad esempio, la forma delle variazioni nella classica e il flow nel rap. Il recitare a soggetto. Specie poi se il soggetto è un soggetto in ogni senso, Dargen D’Amico, 36enne rapper intellettuale e colto che da sempre sceglie vie traverse, lontane dalle piste battute, anche se magari di più facile successo. L’ultima idea di questo menestrello post-moderno amante dei giochi di parole si chiama proprio Variazioni ed è un’unione tra hip hop e classica, accomunata proprio dall’improvvisazione, e solo con la musica di un pianoforte. Niente elettronica, niente elettricità. Il risultato, comunque lo si consideri, è peculiare, diverso da tutto l’hip hop che si ascolta adesso.

Come nasce l’idea, D’Amico?
"Io ho sempre provato a sovrapporre le parole a una musica che non fosse per forza l'urban, ma erano stati dei flirt delle scappatelle, una canzone o due. Questo è un tentativo serio, volevo un disco come si faceva una volta, andando in studio con i musicisti e vedendo nascere, crescere e maturare le canzoni".
 

Le 'Variazioni' di Dargen D'Amico: "Piano e rap, la mia curiosità"

Con lei la pianista Isabella Turso.
"Anche lei al prima esperienza fuori dalla classica, era bello quando si rendeva conto di quanto si stesse addentrando in qualcosa di nuovo per lei, e quando mi rendevo conto io che lo stesso era per me. Senza dimenticare la produzione di Tommaso Colliva, nome simbolo della musica indipendente italiana, ma anche braccio destro dei Muse. È stato il mediatore culturale perfetto tra il mondo mio e di Isabella".

Se il disco si intitola Variazioni c’è un motivo particolare: queste non sono semplici cover di sue vecchie canzoni.
"Esatto. Sono appunto variazioni, nel senso della musica classica, ovvero si propone un tema, poi lo si cambia in qualcosa, e poi ancora in qualcosa, e poi ancora, finché si arriva a qualcosa di diversissimo. Per cui Prima fila Mississippi diventa La mia testa prima di me. Mentre Zucchero luminoso si trasforma in L'altra. Arrivi stai scomodo e te ne vai ora è Ma è un sogno, Tra la noia e il valzer è diventato L'aggettivo adatto. Per me la forma canzone conta fino a un certo punto, penso più ai flussi di coscienza. In Nostalgia istantanea del 2012 avevo fatto solo due tracce, ognuna di 20 minuti. In fondo questo disco ne è l’evoluzione".
  Bene, ma perché? Per stupire come normalmente le piace fare coi suoi fulminanti giochi di parole?
"Ma no, stupire per me è secondario. È che per me la musica per me è transgender, non è mai qualcosa di statico. Non ha genere, o meglio ha tanti generi ed è in movimento da una situazione ad un'altra. E non mi sono messo a esaminare il rap di adesso per poi ragionare per negazione e fare il bastian contrario. Io ho cominciato a metà degli anni '90, quando il rap era in certo modo. Da lì ho fatto il mio percorso, e il rap il suo. Ora siamo su piani diversi, in futuro chissà".

E in generale il rap come sta? Non crede che ce ne sia troppo?
"Ce n’è tanto, quello di sicuro. Il troppo dipende dalle mode. Ma è molto vario come genere e come stili, e questo è un bene. Quando passerà la moda, tanti ascolteranno altro".

Per ora ha in programma cinque date (20/4 Milano, 21/4 Firenze, 10/5 Roma, 12/5 Santa Maria a Vico, 13/5 Bologna). Come pensa che la accoglieranno con un disco così?
"Spero male. Nel senso che ai concerti mi piacerebbe che il pubblico mi contestasse. Ovviamente non in modo violento: vorrei che ascoltasse, riflettesse e dissentisse se ha da dissentire. Amo il dibattito, è un arricchimento. Le osservazioni mi aiuteranno a migliorare questo progetto".

Se ne faccia una lei, di osservazione. Si autocontesti.
"Volentieri. Avrei voluto, e forse dovuto, fare un racconto quotidiano di questo lavoro, ad esempio pubblicare su un blog o su un social un diario di lavorazione, un racconto dell’evoluzione della creazione di questo disco. Lo si sarebbe capito molto meglio, e si sarebbe visto quanto ci abbiamo ragionato sopra".

Qualcosa del genere però c’è, dato che in una versione speciale del disco è allegato il suo primo libro.
"Una serie di racconti, Mi scuso con tutti ma soprattutti con me, (mi raccomando, soprattutti), che sono quasi backstage delle canzoni. Potremmo definire il tutto un progetto multimediale. Sperando che non sia multimediocre".