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'Primavera Sound', la sorpresa annunciata spiazza tutti: ci sono gli Arcade Fire

Il festival aveva avvertito il pubblico di un ghiotto evento. Ma, incredibilmente, i gestori della app del Primavera hanno bucato lo show. Risultato: solo pochi fortunati hanno potuto vedere il gruppo canadese. Sabato gli Arcade Fire saranno di nuovo sul palco

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BARCELLONA - “Quale sarà la sorpresa?”. La app ufficiale del Primavera Sound da giorni annunciava un grosso evento inatteso: “Seguiteci!”, avvertiva. Poi la sorpresa deve aver sorpreso anche i gestori della app: il concerto all’improvviso dei canadesi Arcade Fire, attesi per il cartellone solo sabato ma saliti su un minuscolo e improvvisato palco anche ieri sera, non è stato annunciato, la app ha bucato l’evento e così ne hanno potuto godere solo quanti passavano casualmente in quel momento, erano più o meno le otto di sera, lungo il passaggio che costeggia la spiaggia al Parc del Forum di Barcellona. Nello show la band - che sarà in Italia a luglio: il 17 al Summer Festival di Milano e il 18 all'Ippodromo del Visarno di Firenze - si è concentrata sugli ultimi due album The Suburbs e Reflektor, ma ha anche fatto ascoltare il nuovo singolo Everything Now, stesso titolo del loro imminente quinto album (nello stesso momento veniva lanciato in Rete il video ufficiale del brano) e un altro dei brani inediti del nuovo disco intitolato Creature Comfort. E sul finale del concerto, il cantante degli Arcade Fire Win Butler ha ricordato l’attentato al concerto di Ariana Grande a Manchester dicendo al pubblico: “Non ci fanno paura questi mercanti del terrore, non ci fanno nessuna fottuta paura!”.
 
E così, mentre si esibivano i Broken Social Scene, e in attesa di seguire i concerti di Solange e di Bon Iver nello spazio centrale del festival, alcuni fortunati si sono ritrovati in un angolo sperduto del Parco a seguire il concerto di uno dei gruppi di punta di questa edizione, in uno spazio e in una versione imparagonabile rispetto alla grandezza dello show che gli Arcade Fire terranno domani sera. Sorprese di un festival che con 200 gruppi su nove diversi palchi si permette il lusso di aggiungere altra carne al fuoco. E del resto Win Butler, voce della band canadese, aveva già fatto la sua comparsa a sorpresa la prima sera durante le Dancefloor Meditations degli ex Pulp Jarvis Cocker e Steve Mackey.
 
Gli Arcade Fire non sono però riusciti a rubare la scena a Solange, protagonista dello show più atteso ma anche più emozionante della seconda giornata. In una scena dalle linee rigorose ed essenziali, dominata dall’arancione e dal rosso, l’ultima diva del nuovo soul ha tenuto uno show praticamente perfetto, assistita da una band di musicisti e performer che l’hanno sostenuta in modo impeccabile sul piano musicale anche quando si trattava di continuare a suonare accompagnandola in movimenti e coreografie studiate in ogni minimo dettaglio. Ha il carisma e la presenza scenica di una Erykah Badu, la voce di una Lauryn Hill, ma la sorella di Beyoncé è soprattutto un’autrice di canzoni che riescono a non disperdere nulla della tradizione del grande soul in una veste moderna ed elettronica che non abdica a sequencer e loop e non rinuncia agli strumenti tradizionali. Un piacere per gli occhi, per le orecchie e per l’anima per gran parte passato attraverso i brani dell’acclamato “A seat at the table”, uno degli album più belli dell’anno e non solo in ambito neosoul. A un certo punto l’inarrivabile Solange è saltata giù dal palco per raggiungere i fan delle prime file e cantare con loro.
 
Coinvolgente anche se di altro segno il concerto successivo, sul palco di fronte, di Bon Iver, tra schegge di acido country-folk, elettronica, voci distorte e strazianti ballate. Molti del pubblico in lacrime, e Justin Vernon può contare ormai su una fan base molto più ampia del mondo alternative da cui proviene. 
 
Nel pomeriggio la serie di concerti al chiuso dell’Auditori si è aperta con il set di Annette Peacock, signora e regina della musica d’avanguardia, pioniera del moog e delle tastiere elettroniche, capace di rinnovarsi ancora dopo 45 anni di carriera e di proporre un concerto di grandi atmosfere con pianoforte a coda, sintetizzatori e basi ritmiche. Lasciando infine la scena con un suggestivo colpo di teatro, con la sua voce in loop come fosse un “arrivederci” in playback.
 
Dopo di lei il concerto forse più sorprendente, a suo modo spettacolare e potente, dell’incredibile Elza Soares, che a 80 anni riesce ancora ad essere protagonista di una proposta musicale d’avanguardia. Cresciuta in una favela di Rio, con una storia di soprusi e violenze ma anche di riscatto e di grandezza artistica, alla pari e al fianco dei grandi della musica brasiliana come Gal Costa, Chico Buarque, Gilberto Gil e Caetano Veloso, Elza Soares ha presentato i brani del nuovo album A Mulher do fim do mundo dominando la scena posta su un alto trono all’interno di una scenografia che sembrava la deriva di una tempesta su una spiaggia caraibica, magnificamente realizzata con plastica. Un gruppo pazzesco, batteria, percussioni, due chitarre il cui suono e stile ricordavano Robert Fripp e Marc Ribot, un jazz-rock sghembo miscelato al blues elettronico come si può intendere nel terzo millennio. Per una delle cose più belle ascoltate finora.