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La rivoluzione sulle corde di Jaco Pastorius. La leggenda rivive in un live inedito

Nel trentennale della sua scomparsa arriva nei negozi 'Truth, liberty & soul - Live in NYC: The Complete 1982 NPR Jazz Alive! Recording', che contiene la registrazione integrale del concerto tenuto dall'ex bassista dei Weather Report con la Word of Mouth Big Band alla Avery Fisher Hall di New York il 27 giugno del 1982 durante il Kool Jazz Festival

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IL 21 settembre del 1987, il bassista universalmente noto come Jaco Pastorius moriva in un ospedale di Fort Lauderdale, Florida. Il suo tempo era rimasto come sospeso, mentre lui giaceva in un letto del Broadway Country General Medical Center dalla notte dell'11 settembre. Jaco era andato in coma dopo la rissa con un buttafuori del Midnight Bottle Club. Lui aveva insistito per entrare, Luc Havan aveva continuato a respingerlo. Finché Jaco era finito a terra privo di sensi, il volto immerso nel suo stesso sangue. Dinamica sorprendente, se non contestualizzata. Da tempo Jaco Pastorius aveva smesso i panni dell'idolo di musicisti, appassionati di jazz e  semplici amanti della musica suonata per davvero. Varie dipendenze avevano innescato la bomba a tempo di una salute mentale a rischio. La combinazione lo aveva praticamente distrutto, isolato dagli affetti Jaco era finito a chiedere l'elemosina lungo i marciapiedi. Chi bussava alle porte del Midnight Bottle Club, l'11 settembre di 30 anni fa, non era un uomo, ma ciò che ne restava: un corpo dalle movenze scomposte e innaturali, che alcol e droghe avevano prosciugato della sua linfa vitale. Un feticcio. Jaco se n'era già andato da tempo, il mondo lo seppe il 21 settembre del 1987.
 

Aveva solo 36 anni, Jaco Pastorius. Ma nella sua breve esistenza aveva portato a termine una rivoluzione musicale attorno al ruolo del suo strumento, il basso elettrico, che lo ha consegnato al mito. Basti dare un'occhiata alle visualizzazioni del materiale che lo riguarda su YouTube per comprendere quanto la sua lezione sia impressa nella memoria collettiva. Perché non attendere l'esatto scadere dei trent'anni dalla morte per celebrarlo? Qualcosa è accaduto. Qualcosa di importante. Dopo l'uscita in triplo vinile in occasione del Record Store Day dello scorso 22 aprile, il 26 maggio arriva in doppio Cd e in digitale un album dal vivo che permette a Jaco Pastorius di farsi ricordare nel modo più giusto e con la sua musica, in quello che è forse il suo momento più alto prima della discesa all'inferno del disturbo bipolare. Si intitola Truth, Liberty & Soul - Live in NYC: The Complete 1982 NPR Jazz Alive! Recording e contiene la registrazione integrale del concerto tenuto da Jaco Pastorius con la Word of Mouth Big Band alla Avery Fisher Hall di New York il 27 giugno del 1982 durante il Kool Jazz Festival del leggendario impresario George Wein. Performance che era stata parzialmente trasmessa durante il programma Jazz Alive! della National Public Radio. Il disco include i 40 minuti di musica vissuti per 35 anni solo nel ricordo di chi alla Avery Fisher Hall quella notte c'era.
 

Jaco Pastorius & the Word of Mouth Big Band: "Donna Lee"


L'uscita è frutto di anni di certosino lavoro diplomatico oltre che tecnico dell'etichetta indipendente e no-profit Resonance, che vive di donazioni e ha nella conservazione della memoria jazz la sua missione. Ed è giusto sottolineare quanto il suo lavoro su Jaco Pastorius si distingua da altre operazioni, più simili a speculazioni, generate da strombazzati ritrovamenti d'archivio privi di qualità e valore culturale. Il vicepresidente della label Zev Feldman aveva appreso dell'esistenza della registrazione del concerto nel 2011, durante un incontro con Tim Owens, proprio il produttore della serie Jazz Alive! della NPR. Di lì l'obiettivo, perseguito con determinazione, di portarla alla luce come meritava, con una qualità sonora aggiornata agli attuali standard e un corredo grafico e testuale degno della sua importanza. Missione compiuta. Grandioso il risultato ottenuto da Paul Blakemore, l'ingegnere del suono originario, che ha lavorato al remissaggio partendo dal master registrato nel 1982 con un 24 piste. Come spettacolare è il nucleo della Word of Mouth: Peter Erskine alla batteria, Randy Brecker alla batteria, Bob Mintzer al sax tenore, Othello Molineaux alle steel pans e Don Alias alle percussioni. Ospite speciale, l'armonicista belga Toots Thielemans. Quattordici i brani in scaletta per 130 minuti di magia.
 

John Francis Anthony Pastorius III era nato in Pennsylvania, in una famiglia in cui la musica era sempre stata di casa. Batterista di banda il nonno, batterista jazz il padre. Lui amava cantare. La sua leggenda aveva iniziato a prendere forma dopo il trasferimento della famiglia in Florida, negli anni Cinquanta. "Lì il clima è troppo umido - aveva raccontato una volta -. Io avevo un basso. Una mattina mi svegliai e scoprii che l'umidità aveva fatto scoppiare il mio strumento. Non me lo posso permettere, mi dissi. E non ci pensai due volte. Andai a comprare un coltello e tirai via tutti i tasti dal mio Fender Precision. Andò proprio così". Jaco non aveva inventato il basso fretless. Ma trasformando il suo strumento per necessità, aveva scoperto di trovarsi tra le mani un suono diverso e potenzialità tutte da scoprire.

Quel basso aveva una sua "vocalità". Privato dei tasti, era in grado di sviluppare nuove e misteriose armonie con le "false note" generate dalle corde vibranti per simpatia. Jaco si apprestava a reinventare il ruolo dello strumento, facendolo evadere dalla prigione dell'accompagnamento ritmico per farne una proprio una voce. La sua voce, in grado di accarezzare la melodia con la stessa sensibilità di un pianista, un sassofonista o un trombettista. Il suo manifesto era racchiuso già nella prima traccia dell'omonimo album di debutto di Jaco Pastorius, pubblicato dalla Epic nel 1976: Donna Lee, standard firmato Charlie Parker, ma di cui aveva reclamato la paternità anche Miles Davis, che lo incise nel 1947 con il sassofonista e Bud Powell al piano, Tommy Potter al basso e Max Roach alla batteria. Quasi trent'anni dopo la performance del totemico quintetto bebop, Pastorius risolveva Donna Lee in circa due minuti e mezzo di canto solitario del suo fretless e l'unico accompagnamento del percussionista Don Alias alle congas. L'estratto di Truth, Liberty & Soul, che Repubblica propone per gentile concessione di Resonance, è costituito proprio dai primi tre minuti di Donna Lee, nel concerto esplosa in una versione che supera i 13 minuti. Jaco e il suo basso protagonisti, prima che il brano decolli sulle ali della big band. Jaco aveva osato portare il basso elettrico in testa alla gerarchia di quello che all'epoca era il suo mondo sonoro di riferimento, tra jazz-rock e fusion. Come una copernicana rivoluzione, che nei decenni a venire avrebbe ispirato e dato un senso a tanti altri progetti incentrati sul basso, al di là delle barriere di genere.
 
Alla sensibilità melodica, Jaco univa una straordinaria capacità dinamica e una velocità di esecuzione che lo elevavano allo status di virtuoso, senza trasformarlo in un fenomeno da baraccone. Sapeva cavalcare il groove e alimentare la macchina del funk liberando il suo sorriso, così lontano dalla seriosità a lungo autoimposta dei jazzisti. Davvero arduo, anche per i più esperti, capire fino in fondo le sue soluzioni sonore e soprattutto trovare quel qualcosa di troppo che ne sporcasse la purezza creativa. Erano state le sue straordinarie doti tecniche a portarlo a collaborare con Pat Metheny ed Herbie Hancock. E a farlo scegliere come successore di Alphonso Johnson nei Weather Report, dove tra 1976 e 1982 la sua popolarità eguagliò e, probabilmente, superò a livello individuale quella degli stessi Joe Zawinul e Wayne Shorter. Ma quanto Pastorius fosse proiettato oltre gli steccati, la tecnica e il virtuosismo, lo sintetizza al meglio, ancora oggi, ascoltare il suo basso muovere sinuosamente, come un serpente, per avvolgere la voce di Joni Mitchell in Hejira.

Agli occhi del pubblico del jazz, Pastorius non esprimeva la pulizia tecnica e formale dei grandi maestri del basso elettrico del tempo, Stanley Clarke e Jeff Berlin. Ma anche le orecchie meno sensibili potevano captare, nel suono sviluppato da quel ragazzo dai capelli lunghi e dal look spesso più simile a quello di un cantante hard rock, come il segnale lanciato da un nuovo universo musicale. Una diversa prospettiva per la composizione e l'improvvisazione, come pure l'apertura a una maestosa rilettura strumentale di Hendrix e Marley, per fare solo due esempi. Miles Davis, apripista di tanti cambi di direzione nel jazz e smanioso di uscire dal suo ghetto, per una volta sarebbe arrivato dopo, onorando con il timbro inimitabile della sua tromba Michael Jackson, Cindy Lauper e gli Scritti Politti tra 1985 (You're Under Arrest) e 1986 (Tutu). Idoli di quella che allora veniva definita "cultura pop" e su cui Pastorius avrebbe inciso anche il proprio nome. Qualche mese dopo il concerto newyorkese riesumato in Truth, Liberty & Soul, Jaco avrebbe portato i Word of Mouth anche a Roma, non in un'asettica sala da concerto o in un jazz club per cultori, ma sotto un tendone da circo. Si chiamava Teatro Tendastrisce, piantato sui prati che ancora costeggiano via Cristoforo Colombo. Era il 23 novembre del 1987. Nove giorni prima al Tendastrisce si era tenuto un incendiario concerto dei Motorhead.

Tra le sue influenze, Jaco Pastorius amava citare Frank Sinatra. E un unico bassista elettrico: Jerry Jemmot, fondamentalmente un sessionman, al servizio dei più grandi nomi del soul, del blues e del funk tra anni Sessanta e Settanta. Che in un'intervista di qualche anno fa svelò il "segreto" della magia. "Jaco aveva lavorato duramente per arrivare al controllo di quelle vibrazioni simpatetiche che si creano con l'approccio aggressivo che entrambi avevamo. Ma lui aveva anche assorbito le cinque componenti e i cinque elementi dell'energia del Souler, come li definisco io. Le cinque componenti sono il groove, l'abilità, la tecnica, la consapevolezza e la creatività. I cinque elementi l'impegno, la passione, la compassione, la resistenza fisica e la forza mentale".

Nel libretto di 100 pagine che accompagna Truth, Liberty & Soul, brillano i saggi dello stesso Zev Feldman, di Bill Milkowski, il massimo esperto di Pastorius, e dell'ingegnere del suono Paul Blakemore, oltre alle interviste al figlio di Jaco, John, a Peter Erskine, a Bob Mintzer e a Randy Brecker. E torna a dare ancora una volta il suo contributo Robert Trujillo, bassista dei Metallica oggi pienamente immerso nel tour nordamericano della band, che da qualche anno a questa parte si è assunto la responsabilità di curare la memoria di Jaco Pastorius. Sua la produzione del toccante documentario Jaco e del disco Modern American Music...Period! The Criteria Sessions, contenente i demo del primissimo Jaco Pastorius, ricavato da un acetato in possesso del figlio John.
 

'Jaco', il doc su Pastorius prodotto da Robert Trujillo


Lavorando a quei progetti, Robert aveva raccontato di quando vide per la prima volta Jaco Pastorius nel 1979, al Civic Auditorium di Santa Monica con i Weather Report. "Pura passione, cambiò la mia vita. Jaco aveva sparso borotalco nella sua parte di palco, in modo da saltarci sopra e alzare nuvole di polvere attorno a sè". Trujillo, oggi 53enne, all'epoca studiava jazz alla Dick Grove School of Music di Los Angeles. Poi, dalla metà degli anni Ottanta, aveva militato negli Infectious Groove e nei Suicidal Tendencies, band influenzate dal punk ma, ricordava, "sospinte dal funk". Lo stesso che aveva respirato quella sera a Santa Monica sulle corde di Jaco. "In fondo - ricordava Robert -, per il jazz Pastorius è stato come il punk".

Forza mentale, uno dei "cinque elementi" che fanno il Souler, diceva Jerry Jemmot. C'è chi ha attribuito l'unicità stilistica e creativa del bassista ai percorsi imprescrutabili intrapresi dalla sua mente in precario equilibrio. "Quando uno rompe gli argini, si avventura su terreni inesplorati, viene definito regolarmente un pazzo - era stata la riflessione di Robert Trujillo -. E' un modo di dire, ma nel caso di Jaco non si può escludere che il disturbo bipolare non abbia inciso. Anche se nessuno potrà mai asserirlo con certezza. Di certo c'è solo che lui era speciale. Ed è rimasto poco tra noi, come Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Janis Joplin. Arrivati sulla terra per cambiare tutto mostrando cose straordinarie. E poi sparire".