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Dose, il coraggio del coniglio: "Nel mio libro il buddismo, il coming out e la convivenza con l'hiv"

Storico conduttore, con Marco Presta, di 'Il ruggito del coniglio' di Raidio2, Antonello Dose presenta un'autobiografia. La fede ritrovata, l'amore del pubblico, la scoperta della sieropositività.  "Spero che la mia esperienza possa essere d’aiuto alle tante persone discriminate"

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Non potrebbe esserci un libro più sorprendente per chi Antonello Dose è abituato a conoscerlo per il “ricchete racchete rà” della sigla de Il ruggito del coniglio e l’umorismo ficcante e garbato che assieme a Marco Presta (e a complici di malefatte come Max Paiella e Giancarlo Ratti) dissemina ogni giorno da Radio2. Dall’autobiografia di uno così ci si aspettava una serie di aneddoti e retroscena a uso e consumo della milionata abbondante di ascoltatori quotidiani della trasmissione (anni fa un ministro ammise che la produttività negli uffici diminuiva drasticamente mentre Presta & Dose andavano in onda). Deporrebbe a favore anche il titolo La rivoluzione del coniglio (edito da Mondadori, 234 pagine, 17 euro, già in ristampa a pochi giorni dall’uscita). Poi ci si addentra e si scopre che i temi sono, nell’ordine: il buddismo, cui è devoto da decenni (scuola Soka Gakkai), l’omosessualità e l’essere sieropositivo da oltre vent’anni (l’episodio del contagio è per certi aspetti da commedia, con il compagno di un fugace incontro di sesso che poi Dose rivede vestito da seminarista). Il racconto scorre lieve e ironico, certo, ma spesso sono carezze in un pugno.
 
Dose, scusi, anzitutto chi gliel’ha fatto fare di raccontare certe cose che di solito si tengono segretissime?
"Anzitutto me l’hanno chiesto. L’editor Beppe Cottafavi, in particolare, che voleva che parlassi di un percorso spirituale in cui credo fermamente da anni. Ma immagino che pure lui si aspettasse una versione scritta di Occidentali’s Karma. Io ci ho pensato molto a lungo, perché non avevo e non ho velleità letterarie e perché all’inizio era davvero troppo doloroso aprirmi e non riuscivo ad andare oltre il primo capitolo. Senza contare che Il ruggito del coniglio è una trasmissione molto impegnativa. E così ho firmato il contratto solo a lavoro completato".

E c’era il bisogno di aggiungere particolari molto crudi e dettagliati?
"Se doveva essere un racconto di come Soka Gakkai mi ha cambiato la vita, dovevo per forza parlare della mia vita. E spero che la mia esperienza possa essere d’aiuto alle tante persone discriminate per essere omosessuali o sieropositive, dia loro motivazioni per continuare a combattere".

Ecco, scusi, parliamo della sieropositività. Non è certo l’elemento centrale del libro, ma non ha paura che alla fine lo diventi e che si parli solo di questo? Perdipiù quando un lettore scopre che lei ha l’Hiv da ancor prima di iniziare Il ruggito.
"Il rischio c’è, ovviamente, non lo nego. E non sa quanti mi hanno sconsigliato di scriverlo. Ma come le ho detto sarebbe stato un racconto monco, infedele. Certo nelle presentazioni pubbliche e nelle interviste legate al libro faccio di tutto perché resti solo uno dei tanti lati della questione. Comunque le terapie funzionano benissimo, faccio una vita normale e ho la sicurezza che non morirò di questo, sento che una cura è dietro l’angolo".
Da sinistra, Marco Presta e Antonello Dose, conduttori de 'Il ruggito del coniglio' su Radio2  
Il buddismo, allora. Come l’ha aiutata?
"Infinitamente. Mi ha aiutato a fare la rivoluzione interiore, quella che ognuno di noi deve fare dentro di sé, sgombrando l’animo dalle cose materiali. Ognuno di noi è un Buddha e non lo sa. E scoprire che potevo star bene mi ha aiutato a star bene. La preghiera principale è basata sulla recitazione costante dell'invocazione 'nam-myoho-renge-kyo' ('io esprimo la mia devozione alla Legge mistica perfettamente dotata del Sutra del Loto'). E questo aumenta lo stato vitale se lo faccio davanti al Gohonzon. Sa cos’è?".

Ehm, veramente no.
"Un complesso sistema di ideogrammi in cinese antico scritti su una pergamena. Lo tengo sempre in tasca. Non è solo un punto di riferimento della fede, ma è l'elemento principale per ottenere l'illuminazione. Il buddismo è un centro termale dell’anima".

Spero non si offenda se diciamo che, da come lo descrive, il Gohonzon sembra una versione buddista di un rosario cattolico.
"Non mi offendo. Io vengo da una famiglia di fede, ovviamente cattolica essendo friulano, e ho studiato antropologia teatrale. Ecco, distaccandosi capisci che le religioni possono essere diversissime, ma sono uguali in tanti meccanismi, e che per questo dovrebbero sforzarsi di trovare le mille cose che hanno in comune. Il mondo andrebbe meglio".

Ma in cosa il buddismo è meglio delle altre religioni?
"È democratico, è personale, e le decisioni le prendi tu per te stesso. E poi insegna la compassione, che è non solo avere pietà, ma anche aiutare gli altri e soprattutto è, alla latina, 'con patire', soffrire assieme, cioè osservare le cose dal punto di vista di un altro. In fondo questo è l’umorismo, no? Il ribaltamento delle prospettive".

In questo senso Il ruggito è buddista.
"Di sicuro anche la trasmissione mi ha aiutato a vivere e non solo perché mi ha dato di che campare. La trasmissione è stata una delle mie medicine: la diretta stressa, ma al contempo ti ricarica. Abbiamo due fortune. La prima è vivere in questo mondo e in particolare in questo Paese, basta fare cronaca, non servono neanche le battute e le gag che io e gli altri folli riusciamo a inventarci giorno per giorno. La seconda è la gente che ci telefona per raccontarci i suoi piccoli aneddoti di vita e riesce ancora e sempre a stupirci. In fondo è questa la spiegazione del titolo della trasmissione: la rivincita delle persone normali".

Questa gente e chi vi ascolta, dati alla mano, è un popolo in buona parte di casalinghe, impiegati e pensionati. Come crede che un pubblico così possa prendere un libro come il suo?
"Come lo sta già prendendo: sono stato sommerso di affetto, tenerezze, umanità, coccole, esattamente come in trasmissione e in gran parte proprio da parte di ascoltatori".

Chiudiamo allora con l’affetto, anzi, l’amore. Nell’ultima riga del libro lei si rivolge al suo fidanzato Fabrizio e gli chiede se lo vuole sposare. C’è stata una risposta?
Qui Dose non parla, ma apre il suo profilo Instagram: c’è una foto di lui e Fabrizio all’Ufficio dello Stato civile di Roma. Se son conigli, fioriranno.